I consigli di Nico
Blogger, maratoneta, triatleta, divemaster ed elisommozzatore con i Bergamo Scuba Angels, Nico de Corato da anni vive a Dubai e gestisce il network DubaiBlog. Oggi ci regala preziosi suggerimenti per chi vuole trasferirsi e lavorare a Dubai.
Sul tuo sito dai molte informazioni utili per chi vuole lavorare o investire a Dubai. Ma quali sono i passaggi burocratici da affrontare? Esistono convenzioni o leggi tra Italia ed Emirati che facilitano l’ingresso dei lavoratori?
Per restare a Dubai si deve avere un visa resident che si ha o quando si viene assunti (c’è quindi un datore di lavoro che fa richiesta e che ci “sponsorizza”), o quando si apre un’azienda (ci si “auto-sponsorizza”). Non è particolarmente difficile. Per aprire ad esempio un’azienda in Free Zone in taluni casi sono sufficienti un paio di settimane per avere la licenza, e da lì può partire la procedura per il visa resident del titolare o dell’amministratore. Una volta fatto questo possono essere assunte altre persone. Possiamo dire che un tempo medio può essere tra le 4 e le 8 settimane.
A quanto si dice il mercato del lavoro a Dubai e negli Emirati in generale è molto ricco, ma quali sono le figure professionali più richieste?
Gli Emirati sono una nazione, quindi c’è bisogno di qualsiasi figura professionale: dall’idraulico all’ingegnere aeronautico, dal docente universitario al meccanico.. Ma in genere figure più operative (operaio, impiegati, camerieri, …..) sono in molti casi appannaggio di persone provenienti da India, Pakistan, Bangladesh, Filippine, ecc. Mentre figure più manageriali / di supervisione / direttive sono affidate ad arabi ed occidentali.
L’arabo è una lingua che per noi occidentali può sembrare ostica da imparare. Per lavorare a Dubai è sufficiente parlare inglese o consigli comunque di intraprendere un corso di lingua locale?
L’inglese è parlato ovunque ed è sufficiente per vivere e lavorare a Dubai. Ma deve essere ad un buon livello per assumere posti manageriali o comunque di rilievo. E come detto gli occidentali vengono in genere selezionati per lavori più di fascia alta. Oltre tutto il parlare arabo implica due grandi difficoltà:
L’arabo classico, quello del Corano, è assimilabile al nostro latino, quindi non utilizzabile per colloquiare per strada; l’arabo standard di fatto non è ancora standard per tutti. Anche il semplice “come stai?” può essere detto in svariati modi: Khaifa halooka, kifalak, kifak, shlonak, shakbarak,….
Consiglieresti a chi non ha esperienza e un alto grado di specializzazione in un settore di partire per provare a lavorare a Dubai?
Lavorare all’estero offre sempre grandi prospettive; anche se non è facile. Ma Dubai non è Londra: non si può partire pensando di mantenersi facendo il cameriere o il lavapiatti e nel frattempo cercare altro.
Qual è mediamente la paga minima per lavori poco qualificati e quale per quelli con un alto grado di specializzazione?
Si può passare dai 100-200 dollari mese per un operaio del settore costruzioni ai 20-30,000 dollari per un top manager del settore Oil & Gas. Ma attenzione, quando un operaio viene assunto, il datore di lavoro deve garantire: visto, assicurazione, medica, accommodation (in genere un posto letto in condivisione con altre persone – ad esempio spesso i lavoratori di un ristorante vivono tutti in una stessa villa), trasporto da/verso il luogo di lavoro, un viaggio a casa ogni anno. Quindi è come se lo stipendio fosse netto e comparato alla loro economia è relativamente alto. Anche ai livelli top ci sono pacchetti full benefit che prevedono (oltre lo stipendio): casa (spesso una villa), assicurazione medica per lavoratore e familiari, auto, cellulare, scuola pagata per i figli.
A quali tipi di aziende italiane (ad esempio moda, ristorazione, ecc..) consiglieresti di investire negli Emirati?
Uno degli aspetti più importanti che determinano il successo dell’attività imprenditoriale è la capacità dell’imprenditore stesso. Il mio consiglio quindi è passare dalla domanda “cosa conviene aprire” al “cosa so fare bene”. Se è vero che ci sono abitudini che non possono venire meno (uscire, mangiare, vestirsi) e che resiste il falso mito della ristorazione italiana sempre in voga, non basta aprire – ad esempio – un ristorante italiano per fare successo a Dubai. Al di là del fatto che nel territorio emiratino aprire un ristorante italiano adeguato richiede un capitale di partenza importante.
Non è possibile creare un’impresa in un settore che non amiamo e che non conosciamo bene. Identificato il settore di nostro piacimento e competenza, bisogna puntare alla qualità e all’innovazione. Non è un territorio vergine, ma al tempo stesso non è saturo. Anche tutto quello che è servizi ha un notevole margine di miglioramento.
Il consiglio finale quindi è quello di:
La cultura medio orientale e quella occidentale presentano molte differenze. Secondo te quali sono le difficoltà maggiori da affrontare per chi decide di trasferirsi a Dubai?
Siamo in un Paese che è mix culturale di persone provenienti da tutto il mondo, un vero e proprio melting pot, con una leggera velatura medio-orientale. Dubai è più simile a Las Vegas che a La Mecca. Nonostante faccia parte dei paesi arabi non si sente molto la differenza di cultura rispetto a come invece si percepisce negli altri paesi. Pesa la mancanza di libertà di espressione e la sensazione di sentirsi ospiti, accentuata dalle preferenze verso i locali a discapito degli expat. Pesa ancora di più se si viene a Dubai con l’intenzione di voler vivere all’Italiana. Se uno viene qui per cercare il vino buono, la pasta Barilla, le merendine del Mulino Bianco… forse dovrebbe pensarci su prima di prendere una decisione.
Dubai è un ambiente internazionale, con regole tutte sue; ma – come dicevo – non è un paese dove la cultura araba si esprime al 100%, anzi. La popolazione non locale è dell’80%, a volte si fa fatica a trovare una persona del luogo con cui scambiare due parole in amicizia. Ma a far spostare considerevolmente l’ago della bilancia a favore di Dubai c’è sicuramente la valorizzazione delle capacità della persona, la soddisfazione di vedere la propria carriera crescere e sicuramente l’aspetto economico. Gli stipendi dei lavori professionisti, i benefit, la qualità della vita, sono mediamente superiori a quelli percepiti in Italia.
La mia esperienza personale (da imprenditore) racconta una forte integrazione anche con i locali (imparare usi e costumi, studiare il dialetto locale, ed essere rispettoso delle tradizioni aiuta tanto), molte più soddisfazioni personali e lavorative, ed una qualità della vita nettamente migliore.
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